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Il ricordo di Marco Foti

Di  Gianluca Trentini

C’era una bella canzone, di un gruppo leggendario che nel suo testo conteneva una domanda, “Cos’è questa cosa che costruisce i nostri sogni e che poi tuttavia ci sfugge”? Non ci sono risposte per questo genere di domande, così non ci sono risposte a certe notizie che arrivano e che ti trapassano da parte a parte come  una spada, che ti lasciano fendenti come la più affilata delle sciabole. Marco Foti non c’è più, Si è spento in pace nella serata di ieri dopo una lunga partita contro un avversario di quelli subdoli, infami. Di quelli che ti
serpeggia dentro e che anche se lo attacchi di continuo si difende, resiste perfido e poi quando pare messo  alle strette ti rifila il gol decisivo. Porco quel mondo che manda gli uomini sulla Luna, che corre in maniera esponenziale ma anche ancora non sa come battere questo genere di mali. Aveva 55 anni Marco Foti, una carriera nel calcio che si trasforma nella voglia di raccontare. Lo sport e non solo, dato che il buon Marco peranni è stato anche inviato di una trasmissione di punta delle reti del biscione come ‘Verissimo’. Marco Foti, il nostro Marco Foti, era però soprattutto il racconto sportivo e se chiudo gli occhi mentre batto forte sulla tastiera per scrivere questo ricordo con l’animo appesantito da un intenso umano dispiacere, non posso nonricordare gli anni di Rvl La Radio, gli anni della Diretta Sport, quando ognidomenica raccontavamo un calcio  locale che adesso non c’è più oppure il sabato sera, con la diretta dei match di pallavolo. Che anni, tu già esperto e un pochino ‘chioccia’ e noi giovani un pochino rampanti che volevamo provare a far diventare mestiere un hobby. E poi il Bar Sport, grande intuizione forse allora non così compresa; parlare, polemizzare, creare dibattito attorno al nostro calcio, parlare di Verbania, Omegna, JuveDomo, Stresa, Baveno. Creare polemiche, creare personaggi e maschere che qualcosa da dire lo avevano. Tu che insieme al ‘Cobra’ avevi voluto che alcuni di noi fossero ospiti fissi, perché avevi visto in noi qualcosa più di altri. Che
gavetta per noi, che crescita; non come oggi dove basta un niente per arrivare dove a quei tempi servivano anni anche solo per apire una porta. Ricordo il tuo stile; diretto, chiaro, soprattutto nel contestare scelte discutibili di questo o quel presidente, soprattutto nel denunciare che questo o quel dirigente era un filibustiere e sa il Signore quanti di questi personaggi abbiamo visto. Era un altro calcio, più genuino, più ‘pane e salame’ rispetto di un certo piattume di oggi e fa niente se ogni tanto qualche società se la prendeva, se qualche presidente si adontava. Era il gioco delle parti. Mi sembra di rivederti li ad aggiustare ilmicrofono poco prima delle dirette coi tuoi appunti ed oggi che sono passati tanti anni, a pensarci bene, quei giorni mancano. I tuoi ultimi anni sono stati soprattutto il Novara ed è curioso che te ne sia andato proprio la sera del giorno in cui il club azzurro sia passato nelle mani di un nuovo ambizioso gruppo dirigenziale. Mi piace immaginarti dire il Padre Eterno; “Un attimo, capo, voglio vedere se Lo Monaco prende il mio Novara, poi arrivo”. E quando tutto è andato a posto, in una notte stellata e limpida sei partito verso le stelle: “Marco, sono ‘colui che è’; il Novara è in buone mani, adesso vieni, riposati”. Ciao Fotone, grazie di tutto, è stato un piacere, è stato un onore; ci mancherai. Ad Ezia, ai figli ed alla famiglia le sentite condoglianze e la certezza che il ricordo personale di tutti noi non andrà mai a scemare.
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